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Con la nuova direttiva sui rifiuti la Ue punta sulla circular economy

Pubblicato il 11 luglio 2016 » Da : » Categorie: Blog,Politica ambientale,Unione Europea » 0 Commenti

L’economia circolare europea prende forma, almeno in termini di obiettivi. La proposta per una nuova direttiva rifiuti pone ambiziosi target per il riciclo, riducendo allo stesso tempo lo spazio per le altre forme di smaltimento: la discarica e il recupero energetico. È soprattutto quel +70% al 2030 per il riciclo di materia da rifiuti urbani a indicare quale sarà la base di risorse su cui implementare l’economia circolare nei paesi della Ue. Il salto di qualità richiesto nell’integrazione tra gestione dei rifiuti e politiche industriali, di distribuzione e consumo rappresenta una sfida sotto molti aspetti. Ma i benefici stimati sono importanti: fino a 870.000 nuovi posti di lavoro e una riduzione delle emissioni di CO2 valutata tra 300 e 400 milioni di tonnellate.

La proposta di direttiva sui rifiuti presentata dalla commissione il 2 luglio 2014, nell’ambito di un pacchetto di misure finalizzate a promuovere l’economia circolare, è il primo importante prodotto normativo della strategia per l’efficienza delle risorse stabilita con l’agenda Europa 2020 per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva.

La discontinuità con l’impianto della tradizione normativa europea sui rifiuti è visibile nel sistema degli obiettivi che sposta radicalmente l’enfasi sul riutilizzo e il riciclo di materia (con la prevenzione che però resta ancora sullo sfondo, senza l’attivazione di nuovi strumenti per perseguirla), mentre il recupero energetico diventa una variabile secondaria e scompare dal sistema degli obiettivi.

La proposta di direttiva fissa – sia pure traguardandoli, per l’insieme dell’Unione, al 2020, 2025 e 2030 – un insieme semplice, ma dirompente, di obiettivi: il 50% di riciclo al 2020 e il 70% di riciclo di materia dai rifiuti urbani entro il 2030; un riciclo netto di materia del 70% al 2030 significa il raggiungimento, in tutti i singoli stati dell’Unione, di un obiettivo che è oggi raggiunto solo da poche regioni e che rappresenta più che un raddoppio del livello attuale in 17 dei 28 stati dell’Ue; la riduzione della quantità di rifiuti da smaltire a discarica al di sotto del 25%, con la proibizione di rifiuti riciclabili e biodegradabili (tal quali), entro il 2025 e un tendenziale azzeramento dello smaltimento a discarica entro il 2030; questo obiettivo è molto prossimo a essere già raggiunto a scala europea (l’Ue nel suo insieme smaltisce il 27%) ed è conseguito già da 7 stati (in 6 dei quali siamo già sotto il 3%) del centro-nord, anche se in altrettanti stati nella gestione dei rifiuti si ricorre alla discarica per oltre il 70% delle quantità; una revisione degli obiettivi della direttiva imballaggi, dalla quale scompaiono i riferimenti al recupero energetico, e nella quale si fissano nuovi target di riciclo di materia da raggiungere al 2020 (60% di riciclo di materia), al 2025 (70% di riciclo) e al 2030 (80% di riciclo), dettagliando gli obiettivi per i diversi materiali, che tra il 2025 e il 2030 dovrebbero raggiungere il 60% di riciclo come materia degli imballaggi plastici, l’80% per il legno, il 90% per i metalli, il vetro, la carta e cartone.

 

Collocando la revisione della normativa dei rifiuti nel quadro delle politiche di “economia circolare” si rafforza la necessità di integrazione tra gestione dei rifiuti e processi industriali di produzione, di distribuzione e di consumo. L’obiettivo delle politiche di gestione dei rifiuti è quello di reimmettere i prodotti consumati nel circuito del consumo (riutilizzo) o della produzione (riciclo), coerentemente con l’idea dell’economia circolare, nella quale i rifiuti di qualcuno diventino risorse per qualcun altro, a differenza dell’economia lineare in cui terminato il consumo termina anche il ciclo del prodotto, costringendo la catena economica a riprendere continuamente lo stesso schema: estrazione, produzione, consumo, smaltimento.

 

Secondo gli studi prodotti dalla Commissione, le misure previste dalla revisione normativa potranno creare più di 180.000 posti di lavoro diretti nell’Ue entro il 2030, che verranno ad aggiungersi ai 400.000 che, secondo le stime, risulteranno dall’attuazione della legislazione sui rifiuti in vigore. Sia la raccolta differenziata sia la preparazione al riciclo (e il compostaggio) sono settori ad alta intensità di lavoro, superiore alla raccolta indifferenziata e all’incenerimento e discarica. Con un set di misure non dissimili, Beasley & Georgeson (2014) hanno stimato un impatto tra 630 e 870.000 nuovi occupati (diretti e indiretti, di cui circa 300.000 nella preparazione al riutilizzo e commercializzazione di mobili e tessuti) e una riduzione delle emissioni di CO2tra 300 e 400 milioni di tonnellate, principalmente per effetto del riciclo.

 

Per materiali come i metalli, il vetro e il legno il raggiungimento degli obiettivi, benché ambiziosi, comporta solo un miglioramento della capacità di intercettazione e di selezione. Oggi il tasso di riciclo degli imballaggi metallici nell’area Ue è pari al 72,5% (con 7 paesi che già incontrano gli obiettivi posti dalla direttiva per il 2025) e una domanda di rottami metallici che è un multiplo della quantità di imballaggi.

Anche per il vetro, la distanza tra l’attuale livello di riciclo (72,8%) degli imballaggi e gli obiettivi appare realisticamente perseguibile, anche in presenza di un concomitante incremento del recupero di altre frazioni di vetro – per esempio dai monitor –, dall’industria del vetro e della ceramica che presentano ampi margini di incremento dei tassi di riciclo.

Più dirompente è la crescita richiesta per gli imballaggi in legno, il cui tasso di riciclo è oggi del 37,9% (ma si tratta di un dato spesso inaffidabile, in primo luogo perché gli stati non distinguono in maniera uniforme tra riuso e riciclo).

 

Le due aree di reale criticità, ma di anche maggiore innovazione, per il raggiungimento degli obiettivi sono invece quelle della carta e della plastica.

Per la carta, un incremento contemporaneo del tasso di raccolta degli imballaggi e della carta grafica richiederebbe una crescita importante del tasso di riciclo dell’industria europea (grosso modo oltre le 60 milioni di tonnellate). Per molti singoli stati sarebbe del tutto insostenibile, ma sarebbe sostenibile a livello europeo in presenza di un incremento del tasso di riciclo di una parte dell’industria continentale (la Spagna ha un impiego superiore all’80% della produzione, la Francia del 62% e l’Italia di circa il 55%) e soprattutto di quella scandinava (che oggi produce il 25% della carta europea, ma ne ricicla meno del 10%) combinata a una quota di esportazione o all’impiego per la produzione di biocarburanti di seconda generazione.

 

Da: http://www.materiarinnovabile.it/ Duccio Bianchi